Che cos’è lo stile di vita?
Lo stile di vita è un modello di comportamenti e abitudini seguiti durante tutto l’arco della vita e che influenzano la durata della vita stessa.
Lo scopo del laureato in scienze motorie è di promuovere uno stile di vita sano e attivo attraverso una pratica quotidiana dell’esercizio fisico per migliorare la salute della popolazione. Perciò si tratta di un approccio olistico alla salute, ovvero quello di migliorare la salute sociale (della comunità o del territorio) e non solo la salute individuale; inoltre, migliorare non solo la salute fisica e psichica, ma anche relazionale, cioè avere una buona qualità delle relazioni con gli altri, con le istituzioni sociali e le norme della società.
Come promuovere sani stili di vita?
Per promuovere sani stili di vita occorre proporre diverse attività motorie e sportive (ad esempio il multisport, in modo che migliorino la globalità della persona), ad un ampio target di persone (bambini, giovani, anziani, sportivi, sedentari ecc.) appartenenti ad una comunità (un territorio dove possono replicarle e condividerle) e che devono essere praticate con regolarità (con frequenza durante la settimana), continuità nel lungo periodo, intensità graduale e soprattutto con piacere e socialità (in compagnia).
Molto importante è anche il ruolo delle istituzioni, le quali devono sviluppare politiche di promozione di sani e attivi stili di vita, ad esempio, installare attrezzature e impianti sportivi nei parchi pubblici per farli diventare delle “palestre a cielo aperto” gratuite ed accessibili a tutti. Questo, non solo apporterebbe una rivalutazione del proprio territorio, ma anche benefici sia sulla salute dei cittadini, promuovendo sani stili di vita, sia per il contesto sociale, creando dei punti di aggregazione giovanile nei quali promuovere buoni principi relazionali. Infatti, portare lo sport nello spazio pubblico può essere un’occasione d’incontro sociale tra persone diverse.
Oggi, questo fenomeno è in costante crescita perché si vedono la nascita di nuove discipline non codificate come il Parkour, lo Skate, il Calisthenics, le quali necessitano di essere riconosciute dalle istituzioni.
Che cosa s’intende per attività educative?
S’intendono delle attività motorie e sportive che hanno una finalità educativa.
Perché l’attività motoria e sportiva può essere educativa?
Le attività motorie e sportive possono avere una finalità educativa perché trasmettono dei valori come la disciplina, il rispetto, la determinazione, il sacrificio, l’impegno ecc. in modo da far emergere il potenziale umano (umanità) che c’è nell’individuo.
Perché l’attività motoria e sportiva può essere educativa e non è educativa?
Lo sport di per sé non è educativo, ma è l’uso che si fa dello sport che può renderlo educativo e questa possibilità di educazione si realizza grazie alle competenze psicopedagogiche del laureato in scienze motorie.
Quando lo sport può essere diseducativo?
Lo sport può essere diseducativo quando viene strumentalizzato per fini bellici, politici, propagandistici e ideologici. Ad esempio, per scopi ideologici lo sport rischia di essere troppo selettivo (durante il Fascismo l’eroe sportivo era il simbolo di una razza pura).
Quando l’attività motoria e sportiva può essere educativa?
L’attività motoria e sportiva può essere educativa quando il soggetto vive un esperienza soggettiva, originale e singolare con piacere e gratificazione. Se si riesce a trasmettere la possibilità di vivere il piacere della pratica fisica, allora si riuscirà a favorirne la continuità nel tempo (trasmettere la voglia di continuare), modificando così lo stile di vita. Non bisogna far provare frustrazione ai soggetti che praticano attività fisica, ma piacere mettendoli a proprio agio, adattando la difficoltà del compito in base alle loro capacità, in modo che si appassionino allo sport.
Ai fini educativi è anche importante che s’instauri una buona relazione tra insegnante e allievo; requisito indispensabile per educare e affinché l’allievo provi piacere nel vivere un’esperienza motoria.
Inoltre, voler promuovere sani e attivi stili di vita significa educare a un’autonomia sempre maggiore da parte delle persone, in modo che imparino da soli a prendersi cura della loro salute. L’idea del processo educativo è anche questo, tagliare questo legame di dipendenza tra insegnante e allievo. Questo però, non significa che l’allievo superi il maestro in termini di conoscenze, ma che semplicemente gli vengono forniti gli strumenti in modo da potersi gestire in autonomia.
L’attività motoria e sportiva può diventare quindi un mezzo non solo per il miglioramento del proprio stato di salute (fisico-psichico-relazionale), ma anche un mezzo educativo per sé stessi (maggiore conoscenza di sé, autostima, consapevolezza, partecipazione, sviluppo della personalità) ed educativo alla qualità di vita.
Condurre un sano e attivo stile di vita significa migliorare la qualità di vita, che è la vera finalità da non perdere mai di vista. È molto più interessante parlare di qualità di vita che di salute (termine ambiguo), perché anche chi è malato (e non è in salute) e non può guarire dalla sua malattia, non è detto che non possa essere aiutato a migliorare la sua qualità di vita attraverso il movimento…
Come si può far vivere un’esperienza motoria soggettiva con piacere?
L’attività motoria e sportiva può essere educativa in base a COME viene proposta e ciò dipende da chi propone l’attività sportiva e quindi dalle sue competenze.
Per far vivere un’esperienza motoria soggettiva vissuta con piacere è necessario innanzitutto proporre attività differenziate (attività già esistenti, attività inventate completamente nuove o modificate da sport già esistenti), variare gli stili d’insegnamento (ad esempio, coinvolgere gli allievi nel processo decisionale dell’attività da proporre in cui l’insegnante stabilisce solo gli obbiettivi generali o i criteri di base e l’allievo tutto il resto), diversificare i ruoli di una squadra a seconda delle capacità dei giocatori in modo da sviluppare una strategia collettiva per far sì che le potenzialità di ognuno emergano e vengano valorizzate, diversificare i livello di difficoltà rispetto l’obbiettivo prestabilito.
Come far sì che la vittoria o la sconfitta nello sport generi un impatto educativo e non il contrario?
La sconfitta di una gara o partita sportiva può generare un impatto educativo se s’impara che può essere una motivazione in più per migliorarsi ed impegnarsi per un successivo riscatto. Se invece, ci si fa prendere dallo sconforto tanto da abbandonare lo sport, allora la sconfitta può generare un impatto diseducativo. La vittoria può essere diseducativa quando lo scopo è solo quello di primeggiare sugli altri (dimostrare agli altri di essere il più forte), mentre può essere educativa quando lo scopo è prima di tutto vincere contro se stessi (superare i propri limiti).
Qual è la missione professionale del laureato in scienze motorie?
La missione professionale del laureato in scienze motorie è d’ingegnere pedagogico delle attività motorie e sportive, cioè colui in grado di progettare un’esperienza motoria che contiene delle potenzialità educative e di promozione della salute da far vivere con piacere e gratificazione.
Il suo compito non è solo far fare movimento o far acquisire delle abilità tecniche, ma anche far vivere un’esperienza globale soggettiva valorizzando le capacità e non trasformando le incapacità in svantaggi. Ad esempio, una persona può essere malata o disabile, ma può comunque vivere bene il rapporto con il proprio corpo.
Lo scopo del laureato in scienze motorie è quello di trasmettere la cultura dello sport per farla praticare il più possibile a tutti, cioè promuovere la partecipazione sociale costruendo delle attività che riescano a valorizzare le capacità delle persone mettendole in situazioni di performance relativa.
La cultura sportiva da trasmettere non è la cultura del display (dello spettatore che guarda gli altri che fanno sport), ma la cultura del play (della pratica sportiva).